Orrore del bianco

" Moby Dick". Herman Melville - cap.42

Il romanzo “Moby Dick” di Herman Melville, scritto intorno al 1850, è un grande classico della letteratura americana, tradotto in  italiano da Cesare Pavese.
Diversi films e sceneggiati ne sono stati tratti, anche se spesso utilizzando solo l’aspetto avventuroso e facendone un “western dei mari”.  Si tratta di una  narrazione epica della caccia alla balena,  ma anche di una specie di enciclopedia  che contiene una visione del mondo, con riflessioni filosofiche, teologiche e scientifiche
Questa, in sintesi, la trama: il capitano Achab  ha un solo scopo nella vita: catturare la leggendaria balena bianca  Moby Dick, che anni prima gli ha causato l’amputazione di una gamba. La caccia alla balena albina ha assunto per lui il significato di una lotta contro il Mostro degli abissi, il biblico Leviatano, il principio stesso del Male.
Seguendo l’ossessione del suo capitano, Herman Melville ha scritto le parole più impressionanti che sia possibile immaginare sulla condizione albina: un intero capitolo - il cap. 42 -  è dedicato alla “bianchezza”, che esalta  e amplifica in chi ne è portatore sia i caratteri sublimi che quelli orribili, risvegliando  le immagini di bellezza e di terrore  che la sua cultura gli aveva trasmesso.

Propongo alcune citazioni significative.  (n.d.r.).


In molti oggetti naturali, la bianchezza aumenta e raffina la bellezza, come se le impartisse qualche sua speciale virtù: come nei marmi, nelle camelie e nelle perle. […]
 

Ma ci sono altri casi, in cui la bianchezza perde completamente quella strana aggiunta di sublimità che l’informa nel cavallo bianco e nell’albatro.
In un uomo albino, cosa c’è che ripugna in modo così particolare e spesso offende l’occhio, tanto che a volte egli è aborrito persino da amici e familiari. E’ la bianchezza che lo fascia e che si esprime nel nome che porta. L’albino non è meno ben fatto degli altri, non ha alcuna sostanziale deformità, eppure basta quella bianchezza che lo copre tutto a renderlo, chissà perché, più orribile del più orrendo aborto. Come spiegarlo?[…]

“E’ questa qualità inafferrabile che rende l’idea della bianchezza […] capace di accrescere quel terrore fino all’estremo. Ne sono prova l’orso bianco polare e lo squalo bianco dei tropici: cos’altro se non la loro bianchezza soffice e fioccosa li rende quegli orrori ultraterreni che sono?[...]
Forse, con la sua indefinitezza, la bianchezza adombra i vuoti e le immensità crudeli dell’universo, e così ci pugnala alle spalle col pensiero dell’annientamento mentre contempliamo gli abissi bianchi della via lattea? Oppure la ragione è che nella sua essenza la bianchezza non è tanto un colore, quanto l’assenza visibile di ogni colore e nello stesso tempo l’amalgama di tutti i colori, ed è per questo motivo che c’è una vacuità muta, piena di significato, in un gran paesaggio di nevi, un omnicolore incolore di ateismo che ci ripugna? [...]
E, andando  ancora oltre, ricordiamo che il cosmetico misterioso che produce tutte le tinte del mondo, il gran principio della luce, rimane sempre in se stesso bianco e incolore, e se operasse sulla materia senza mediazione, darebbe a ogni oggetto, anche ai tulipani e alle rose, la sua tinta vuota. [...]
E di tutte queste cose, la balena albina era il simbolo.



 Per saperne di più:
copertina libro: Moby Dick di H. Melville  Herman Melville