L'isola dei senza colore

"L' isola dei senza colore". Oliver Sacks. Adelphi 1997

cromatopsia acromatopsia

 
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Percezione della tonalità, tessitura, del movimento e della profondità visiva.
E se fossero loro a vedere strani “noi”, distratti da aspetti banali e irrilevanti del mondo visivo e non abbastanza sensibili alla sua reale essenza visiva?
pag 35
Sensibilità e attenzione alla forma, alla tessitura, ai profili e ai margini, alla prospettiva, alla profondità e ai movimenti anche minimi

pag. 36 - 37
Mentre tornavamo a piedi all’albergo  […] cominciò a imbrunire; la luna, quasi piena, salì alta nel cielo fino a stagliarsi fra i rami di una palma.. In piedi sotto l’albero, Knut la studiava attentamente, con il monoculare, individuando mari e ombre. Poi, abbassando lo strumento e abbracciando  con lo sguardo tutto il cielo esclamò: “Vedo migliaia e migliaia di stelle! L’intera galassia!”
“E’ impossibile” – replicò Bob -  “ L’angolo sotteso di quelle stelle è sicuramente troppo piccolo, dato che la tua acuità visiva è un decimo del normale”.
Knut si diede a identificare le costellazioni nella volta celeste: alcune si presentavano completamente diverse da come egli era abituato a vederle nel cielo norvegese.. Si chiedeva se il nistagmo  non potesse avere un paradossale effetto positivo, se i movimenti a scatti dei suoi occhi non potessero  “sbavare” un’immagine puntiforme, altrimenti invisibile, con il risultato di ingrandirla., o se non intervenisse qualche altro fattore. Si rendeva conto della difficoltà di spiegare come egli potesse vedere le stelle pur avendo un’acuità visiva tanto bassa,  - e tuttavia le vedeva.
“Non male questo nistagmo, eh?” scherzò Bob.
pag. 53 – 54
“Magnifico!” sussurrò Knut, rapito, e poi “Guarda quel bambino – e quello -… e quell’altro”. Seguii il suo sguardo e improvvisamente vidi anch’io  ciò che al principio mi era sfuggito:  qua e là, fra gli altri, c’erano gruppetti di bambini che strizzavano e socchiudevano gli occhi  nel tentativo di evitare il sole intenso; uno di loro, più grandicello, portava un panno nero sulla testa. Knut li aveva visti, aveva identificato i suoi fratelli di acromatopsia già mentre usciva dall’aereo – proprio come loro si erano accorti di lui nel momento in cui scendeva dall’apparecchio strizzando gli occhi dietro le lenti scure.. Sebbene Knut conoscesse la letteratura scientifica e si fosse occasionalmente imbattuto in altri acromatopsici, non era in alcun modo preparato al colpo che avvertì nel trovarsi letteralmente circondato  da individui come lui, stranieri ai quali si sentì legato da un’immediata affinità anche se vivevano dall’altra parte del mondo. Fu un incontro ben strano quello a cui tutti noi assistemmo, fra il pallido e nordico knut, in abiti occidentali e con la macchina fotografica al collo, e i bambini acromatopsici di Pingelap, scuri e minuti. Strano sì, ma anche molto commovente.
pag.65 -66
Prescindendo dai problemi sociali che comporta, Entis non considerava l’acromatopsia come un’invalidità, sebbene spesso l’intolleranza della luce intensa e l’incapacità di vedere i dettagli fini gli creassero qualche problema.. Ascoltando queste considerazioni,  Knut annuiva: era stato molto attento a  tutto quel che diceva Entis e per molti aspetti si identificava con lui. Quando poi gli mostrò il suo monoculare, che tiene sempre appeso al collo e che per lui è quasi un terzo occhio, , il volto di Entis si illuminò di meraviglia: mettendolo a fuoco, riuscì per la prima volta a vedere le barche scivolare sull’acqua, gli alberi all’orizzonte, i volti della gente dall’altra parte della strada e perfino i dettagli della cute sui propri polpastrelli.. D’impulso, Knut si tolse dal collo il monoculare e lo regalò a Entis, che rimase senza parole, commosso: Sua moglie corse in casa e ne uscì portando una bellissima collana  di ciprie a tre giri, fatta da lei: era l’oggetto più prezioso che ci fosse in casa e ne fece solennemente dono a knut, sotto gli occhi di Entis.
Adesso Knut era in difficoltà, senza il suo monoculare.
“E’ come se gli avessi dato metà dei miei occhi, perché il monoculare mi serve per vedere.”, ma aggiunse subito, profondamente felice:  “per lui sarà tutto diverso, ora.
Io me ne procurerò un altro”.
Il giorno dopo vedemmo James che, strizzando gli occhi contro il sole, osservava un gruppo di adolescenti giocare a pallacanestro. Quando ci aveva fatto da interprete e da guida, ci era sembrato un tipo allegro, socievole, istruito, perfettamente integrato nella sua comunità; ora, per la prima volta, aveva un’aria schiva, malinconica e solitaria.  Ci mettemmo a parlare ed emerse qualche elemento in più della sua storia. Per lui, come per gli altri acromatopsici di Pingelap, la vita e la scuola erano state difficili: il sole non schermato lo accecava, letteralmente, , e in quelle condizioni non poteva uscire senza un panno scuro sugli occhi. Ciò non gli aveva consentito di unirsi ai giochi all’aperto degli altri bambini.
La sua acuità visiva era molto scarsa e, per poter leggere i libri di scuola doveva tenerli a pochi centimetri dagli occhi; siccome, però, era molto intelligente e pieno di risorse, aveva imparato presto a leggere e amava i libri. Sveglio e ambizioso, a diciassette anni James ottenne una borsa di studio per l’Università di Guam, dove passò cinque anni e si laureò in sociologia. Tornò a Pingelap pieno di idee coraggiose: voleva aiutare gli abitanti dell’isola a stimolare il commercio locale e a ottenere una migliore assistenza medica, specie per i bambini, voleva portare l’elettricità e l’acqua corrente in tutte le case, elevare gli standard didattici, introdurre  nell’isola una consapevolezza politica, assicurare che a tutti gli abitanti di Pingelap – e soprattutto agli acromatopsici -  fosse riconosciuto il diritto di ricevere l’educazione e l’istruzione che lui aveva dovuto conquistarsi lottando.
Nulla di tutto ciò era andato in porto: James aveva incontrato un’enorme inerzia e, a poco a poco, la ristrettezza di vedute dominante lo aveva fiaccato; lui stesso aveva smesso di lottare. Su Pingelap non riuscì a trovare un lavoro adeguato al suo livello di istruzione e al suo talento: l’isola, infatti, fondata su un’economia di sussistenza, non ha lavoro da offrire, a parte quello del personale sanitario, del giudice e di un paio di insegnanti.. Con il suo fare da universitario, le sue maniere e il suo aspetto nuovi,  James orami non apparteneva più del tutto al  piccolo mondo che si era lasciato alle spalle e si  trovava messo da parte, come un estraneo.
pag. 68
Knut raccontò che poco tempo prima, sua sorella Britt, per dimostrare che era possibile, aveva fatto una giacca a maglia usando lane di ben sedici tinte diverse. […] La giacca aveva splendidi disegni ispirati alle leggende norvegesi , che però erano pressoché invisibili agli occhi delle persone normali , essendo stati ottenuti  con tenui tonalità di marrone e di viola , colori non molto contrastanti. Britt, invece, che reagisce solo alle luminanze, li vedeva perfettamente. “E’ la mia arte speciale e segreta – diceva  - bisogna essere completamente ciechi ai colori per poterli osservare.


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