Bianco, puro, bellissimo
"Il Codice da Vinci". Dan Brown. Mondadori Editore
Estraggo la storia di Silas da diversi capitoli de “Il codice da Vinci” di Dan Brawn, mettendola insieme come se si trattasse di un racconto unico.
Non si chiamava Silas, allora, anche se non ricordava il nome che i genitori gli avevano dato. Era fuggito di casa quando non aveva ancora sette anni. Il padre, ubriacone, un rozzo lavoratore del porto, infuriato dalla nascita di un figlio albino, picchiava regolarmente la moglie incolpandola della condizione del bambino che per lui costituiva una vergogna. Quando il figlio cercava di difenderla, veniva a sua volta percosso. Una notte, c’era stato un litigio terribile, e la madre non si era più alzata. Il bambino era rimasto a lungo accanto al corpo senza vita della madre e aveva provato un irresistibile senso di colpa, perché non aveva potuto impedire che ciò accadesse. […]
Il bambino era fuggito di casa, ma aveva trovato altrettanto ostili le strade di Marsiglia: il suo aspetto diverso ne aveva fatto un reietto fra gli altri giovani vagabondi, ed era stato costretto a vivere da solo nella cantina di una fabbrica abbandonata, mangiando la frutta che riusciva a rubare e il pesce crudo del porto. I suoi soli compagni erano i giornali strappati che trovava tra i rifiuti, sui quali aveva imparato a leggere. Col tempo era divenuto sempre più robusto e, quando aveva dodici anni, un’altra vagabonda, che aveva il doppio dei suoi anni, lo aveva preso in giro davanti a tutti e aveva cercato di rubargli il cibo. Lui l’aveva picchiata fin quasi a ucciderla. Quando le guardie erano riuscite a staccarlo da lei, gli avevano dato un ultimatum:” O lasci Marsiglia, o vai in riformatorio”. Il ragazzo si era allontanato lungo la costa, fino a raggiungere Tolone. Col tempo le occhiate di disprezzo di coloro che lo incontravano erano divenute sguardi di paura. Il ragazzo era divenuto un giovanotto eccezionalmente alto e forte. Quando la gente gli passava vicino, la sentiva sussurrare:” Un fantasma!” Lo dicevano sgranando gli occhi per la paura nel vedere la sua pelle bianca,”Un fantasma con gli occhi di un diavolo!” ed egli si sentiva davvero un fantasma, un essere trasparente che volava da un porto all’altro. La gente che guardava nella sua direzione, non posava gli occhi su di lui. A diciott’anni, in un porto, mentre tentava di rubare una cassa di prosciutto da una nave da carico, era stato scoperto da un paio di marinai. I due uomini che avevano cominciato a colpirlo puzzavano di birra, esattamente come un tempo suo padre. I ricordi, gonfi di paura e di odio, si erano affacciati come un mostro che risale dalle profondità del mare: con le mani nude, il giovane aveva spezzato il collo a un marinaio. E solo l’arrivo della polizia aveva evitato al secondo di subire la stessa sorte. Due mesi più tardi, in ceppi, arrivava alla prigione di Andorra.
“Sei bianco come un fantasma” – lo avevano preso in giro i compagni, quando le guardie lo avevano portato dentro, nudo e raggelato. “Mira el espectro!”. ” Forse il fantasma riuscirà a sfuggire attraverso le pareti!” In dodici anni di prigione, la sua pelle e la sua anima si erano disseccate fino a convincerlo di essere davvero trasparente. “Sono un fantasma. Sono privo di peso. Yo soy un espectro. Pàlido como un fantasma. Caminando este mundo a solas.” Una notte, il fantasma era stato svegliato dalle urla degli altri carcerati. Non capiva che forza invisibile scuotesse il pavimento su cui dormiva e quale mano possente facesse tremare la calce della sua cella di pietra, ma, non appena era balzato in piedi, un enorme masso era caduto nel punto esatto dove aveva dormito fino a un attimo prima. Guardando in alto per capire da dove venisse quella pietra, aveva visto un foro nella parete che oscillava ancora e dal foro, un’immagine che non vedeva da più di dieci anni: la luna! Mentre la terra continuava a tremare, il fantasma si era infilato nel foro e si era trovato davanti a un’enorme distesa aperta. Un istante più tardi, correva lungo il fianco della montagna per rifugiarsi nel bosco. […]
Alla fine, troppo debole per fare ancora un solo passo, si era disteso sul marciapiede e aveva perso i sensi. La luce era tornata lentamente, e il fantasma si era chiesto da quanti giorni fosse morto. Un giorno? Tre giorni? Non aveva importanza. Il suo letto era soffice come una nuvola e l’aria intorno a lui aveva l’odore dolciastro delle candele. Gesù era sopra di lui e lo guardava. “Sono qui io” – aveva detto Gesù “La pietra è rotolata via e tu sei rinato”. Si era addormentato e si era destato nuovamente: aveva la testa un po’ confusa. Non aveva mai creduto nel Paradiso, ma adesso c’era Gesù che lo custodiva. Il fantasma aveva visto del cibo accanto al letto e l’aveva mangiato, provando l’impressione che la carne tornasse a materializzarsi sulle sue ossa. Aveva dormito di nuovo. Al suo risveglio Gesù gli sorrideva ancora e gli diceva:”Sei salvo, figlio mio! Benedetti coloro che seguono i miei passi.” Si era di nuovo addormentato. A destare il fantasma questa volta era stato un grido di dolore. il suo corpo era balzato fuori dal letto, si era diretto verso il luogo da cui giungevano le grida in fondo al corridoio, si era trovato in una cucina: c’era un uomo massiccio che ne picchiava un altro più mingherlino. Istintivamente, il fantasma aveva afferrato l’uomo più grosso e lo aveva sbattuto contro il muro. L’uomo era fuggito, lasciando soli il fantasma e un giovane uomo vestito da prete. Il religioso aveva una brutta ferita al naso, il fantasma lo aveva sollevato e lo aveva messo a sedere.“Grazie, amico mio – aveva detto il sacerdote, parlando in un francese non molto sicuro – le monete delle elemosine sono una tentazione per i ladri. Tu parlavi francese nel sonno. Parli anche spagnolo?” Il fantasma aveva scosso la testa . “Come ti chiami?” – aveva proseguito nel suo francese incerto. Il fantasma non ricordava il nome che i genitori gli avevano dato: le uniche parole che riusciva a ricordare erano gli insulti delle guardie della prigione. Il prete aveva sorriso “No hay problema. Io sono Manuel Aringarosa, sono un sacerdote venuto da Madrid, sono stato mandato qui a costruire una chiesa per conto dell’Ovra de Dios.”. “Dove sono?” “ A Oviedo, nel nord della Spagna.” “Come sono arrivato qui?” “Qualcuno ti ha lasciato sulla mia soglia. Eri malato, ti ho dato da mangiare: Sei qui da alcuni giorni.” Il fantasma aveva osservato il suo giovane salvatore: erano passati anni da quando qualcuno era stato gentile con lui. “Grazie, padre” Il prete si era toccato il labbro sporco di sangue “Sono io a doverti ringraziare, amico mio”. Quando il fantasma si era destato l’indomani mattina, il mondo gli era apparso più chiaro. [...] “Gli Atti degli Apostoli” – aveva detto qualcuno dalla porta. Il fantasma si era voltato, impaurito. Il giovane sacerdote gli aveva sorriso: aveva sul naso un enorme cerotto, teneva in mano una vecchia Bibbia “Ne ho trovata una in francese per te: ho segnato il capitolo.” Confuso, il fantasma aveva preso la Bibbia e aveva guardato il punto indicato dal sacerdote “Atti, 16”. I versetti parlavano di un prigioniero chiamato Silas, che giaceva nudo e dolorante per le percosse nella sua cella e cantava inni a Dio. Quando raggiunse il versetto 26, il fantasma rimase a bocca aperta per lo stupore: “…D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione. Subito, tutte le porte di aprirono.” Aveva fissato il sacerdote: questi gli aveva sorriso con calore. “D’ora in poi, amico mio, se non hai altro nome, ti chiamerò Silas”. Il fantasma gli aveva rivolto un cenno di assenso, Silas era tornato al mondo della carne.
Silas si lega al suo benefattore di un legame molto stretto e gli dimostra la sua gratitudine in tutti i modi possibili, mette in pratica tutte le sue parole senza nemmeno tentare di farsene una ragione: le complicate vicende della narrazione lo portano a diventare un assassino, credendo in buona fede che si tratti di un ordine da parte di lui. Ma poi deve rendersi conto di un tragico errore.
[,,,] Silas non credeva di essere mai stato così angosciato come in quel momento. “Sono stato ingannato. Tutto è perduto!” Silas era stato ingannato: i fratelli avevano mentito. Avevano scelto la morte invece di rivelare il loro vero segreto. Silas non aveva la forza di telefonare al Maestro. […] Aveva pensato di nascondersi nell’ufficio dell’Opus Dei, una volta terminato il suo compito. “Il vescovo Aringarosa mi proteggerà”. Non immaginava una beatitudine superiore a quella di una vita di meditazione e preghiera nelle profondità del quartier generale dell’ Opus Dei: non avrebbe mai più messo piede all’esterno. Tutto ciò che gli occorreva si trovava dentro quel rifugio. “nessuno sentirà la mia mancanza”. Purtroppo - sapeva Silas - un uomo importante come il vescovo Aringarosa non poteva sparire altrettanto facilmente. “Ho danneggiato il vescovo” Silas fissò il pavimento e si chiese se non fosse il caso di togliersi la vita. Dopo tutto, era stato Aringarosa a ridargliela, in quella piccola chiesa spagnola dove gli aveva insegnato e gli aveva dato uno scopo. “Amico mio – gli aveva detto Aringarosa - tu sei nato albino: non lasciarti umiliare dagli altri per questo. Non capisci come ti rende speciale! Sai che lo stesso Noè era albino? Noè dell’Arca!” – (Silas non lo aveva mai saputo) Aringarosa gli aveva sorriso:” Proprio lui: Noè dell’Arca! Un albino: come te! Aveva la pelle bianca degli angeli. Rifletti: Noè ha salvato tutte le creature della terra. Tu sei destinato a grandi cose, Silas! Il Signore ti ha liberato per un motivo. Hai capito la tua vocazione: il Signore ha bisogno del tuo aiuto per compiere il suo lavoro!” Col tempo, Silas aveva imparato a considerarsi sotto una nuova luce “Sono puro, bianco, bellissimo. Come un angelo!” Ma , al momento, nella sua stanza della sede parigina dell’Opus Dei, sentiva solo la voce di suo padre, che gli sussurrava, dal passato:”Tu es un desastre! Un spectre!”
Inginocchiato sul pavimento di legno, Silas pregò, per ottenere il perdono.
Per saperne di più:
Dan Brown presentazione libro presentazione film |