La Tanzania dietro le quinte

dall'Italia, Geraldina Colotti

 

 

 

Vumila Makoye, 17 anni, viene uccisa da due uomini armati di coltello che le segano le gambe. Jovin Majaliwa è mutilato sotto gli occhi della moglie, che sfugge alla morte per un soffio. Kija Mbogo Marashu, 7 mesi, viene trucidato l’11 luglio scorso, tre uomini gli tagliano le braccia e se le portano via. Nelle regioni di Mwanza, Shinyanga e Mara, circostanti il lago Vittoria, in Tanzania, molti albini sono stati uccisi così. Altri sei cadaveri, scuoiati, sono stati ritrovati nella regione di Mbeya, a Sudovest del paese. Una cinquantina di omicidi dall’inizio dell’anno, ma la cifra è forse maggiore.

Dietro, secondo un’inchiesta della Bbc, pubblicata a fine luglio, un traffico di pezzi umani, destinati al mercato della superstizione: 2.000 casi di vendita di organi, appurati di recente. Un turpe commercio tenuto in piedi dall’attività degli stregoni con la complicità della polizia. Particolarmente richiesta, anche in Malawi, nello Zambia, in Mozambico, nella Repubblica democratica del Congo e in Sudafrica, la cute degli albini, pagata dai 135 ai 537 dollari. Una «pozione magica» con gli ingredienti adatti può costare invece fino a 2000 shillingun. Lo stregone la confeziona mischiando sangue, ossa e capelli di un albino. Per procurarseli, bisogna uccidere, oppure disseppellire i cadaveri ancora freschi. Per impedirlo, le autorità cementano le tombe degli albini immediatamente dopo la sepoltura.

Nelle regioni vicine al lago Vittoria capita anche di morire per qualche diceria, vittime di folle inferocite che vogliono giustiziare la «strega», com’è accaduto nei mesi scorsi in Kenya. E tempo prima era rimbalzata sui media la vicenda di una coppia di giornalisti accusati di voler vendere gli organi della loro giovanissima domestica albina, e uccisi. Secondo una ricerca della Ong Coel (Coalition pour les personnes agées), pubblicata su afrik.com, in 10 anni, in Tanzania sarebbero state uccise 8580 persone anziane, sospettate di praticare la stregoneria.

È nell’intreccio tra business e stregoneria che sono ricominciati gli omicidi degli albini. Certo, i giudici sportivi che nel 2006 hanno multato le due più importanti società calcistiche tanzaniane per aver praticato in pubblico la stregoneria, non hanno specificato quali ingredienti contenesse la miscela di polvere e uova, gettata in campo da una delle due squadre, e su cui l’altra si era precipitata a urinare. Quel che però venne fuori all’epoca, furono le tariffe medie che gli stregoni si facevano pagare per ogni prestazione: 5.000 dollari. Un «aiutino» che, confessò all’epoca un dirigente, non si poteva rifiutare perché il rito propiziatore era fortemente voluto dalle tifoserie.

Pratiche su cui sorridere come sui cornetti nostrani, se non ci andassero di mezzo delle vite umane, vittime dai tempi dei tempi di ostracismi e persecuzioni, com’è il caso degli albini. Vittime della malattia e del paradosso di essere «troppo bianchi» in un continente in cui molti neri si schiariscono la pelle per assomigliare agli europei. «Gli omicidi di albini sono un fenomeno recente in Tanzania, legato alla stregoneria», ha dichiarato a metà luglio la ministra Margaret Simwanza al Comitato per l’eliminazione della discriminazione verso le donne (Cedaw), preposto al monitoraggio della situazione in Tanzania per conto dell’Onu. E ha messo in rilievo che la Repubblica unita di Tanzania – 38 milioni di abitanti e 26 regioni amministrative, di cui 5 per l’Isola di Zanzibar – è uno dei tre paesi ad aver realizzato gli obiettivi fissati dalla Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc): portare il 30 per cento di donne in parlamento. Difatti, 98 dei 321 parlamentari sono donne. Simwanza, ministro per lo sviluppo comunitario, gli affari umanitari e l’infanzia, ha descritto anche i progressi notevoli nella messa in atto della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e delle diversità attraverso l’approvazione del 14mo emendamento della Costituzione - nel 2005 -, e la promulgazione - nel 2000 -, di nuovi testi di legge e programmi di promozione della parità. Ha anche indicato che il numero di  bambine
scolarizzate, tra il 2003 e il 2007, è passato da 48.106 a 
 212 909. D’altronde, il piano di sviluppo nazionale ipotizzato per il 2025 con gli aiuti finanziari delle istituzioni internazionali prevede che la Tanzania garantisca la realizzazione dell’uguaglianza tra i sessi e l’autonomizzazione delle donne nel campo sociale, economico e politico così come sul piano culturale: entro 2025. Un’attenzione specifica dovrà essere rivolta all’ambito rurale, settore portante dell’economia in cui oltre 15 milioni di donne contribuiscono al 70 per cento della produzione alimentare del paese.

Progressi che però si scontrano con i retaggi di costumi arcaici, dovuti «alla presenza di 120 gruppi etnici, le cui culture e tradizioni hanno un considerevole impatto sulle relazioni tra uomo e donna

nel paese, in cui permangono pratiche tradizionali che intralciano il progresso». Ogni anno vengono uccise 300-400 donne a seguito di violenze coniugali, ma i 7.300 stupri costituiscono solo materia di «regolamenti extragiudiziari». In un paese in cui il 35 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, l’analfabetismo colpisce soprattutto le donne, che non conoscendo i propri diritti non hanno i mezzi per farli valere contro le violenze maschili, che passano anche attraverso le accuse di stregoneria.

Le violenze contro le donne sono una vera emergenza nazionale, tanto che il presidente della repubblica, Jakaya Kikwete, in maggio ha lanciato una campagna contro le violenze domestiche e la diffusione dell’aids, facendosi fare il test dell’Hiv in pubblico nel luglio seguente.

Per far fronte all’uccisione delle «streghe », il presidente della repubblica – che si definisce «un socialdemocratico» - ha inviato nelle campagne un gruppo di esperti per discutere sulla violenza alle donne e sulla poligamia (la Tanzania è costituita per il 50 per cento da musulmani a cui la religione consente fino a 4 mogli).

Per far fronte alla mattanza degli albini, che le associazioni di difesa vogliano sia riconosciuta come un’emergenza nazionale, Kikwete ha istituito un comitato che fornisce loro sostegno legale, e ha preso una decisione altamente simbolica: tra i 10 parlamentari che ha facoltà di nominare, ha scelto una donna albina, Al-Shymaa Kway-Geer.

«Vi invito a rifiutare credenze e superstizioni e a non considerarle scorciatoie per ottenere ricchezze», ha detto Jakaya Kikwete in discorso alla nazione. E ha promesso un piano speciale per tutelare la sicurezza degli oltre 80.000 albini censiti (che per l’associazione albini di Tanzania sarebbero invece intorno ai 150.000, su una popolazione di 35 milioni di abitanti). Kikwete ha anche esortato le autorità locali e la polizia a perseguire i guaritori tradizionali che commissionano gli omicidi.

Così, in un mese sono state arrestati 172 sospetti. Qualcuno ha ammesso di essere stato spinto dagli stregoni a procurarsi gli organi degli albini per ottenere subito grandi ricchezze, ma i colpevoli non sono stati trovati... E neanche le grandi ricchezze, ben concentrate nelle mani di pochi.

Archiviato il socialismo umanista di Julius Nyerere, che lasciò il potere nel 1985, il multipartitismo inaugurato nell'ottobre del 1995 in un paese in grave crisi economica dopo la guerra contro l’Uganda,

non ha portato più benessere,ma impoverimento crescente. In Tv o in certi negozi di Dar es Salaam, il benessere sembra vicino e irraggiungibile. Da un lato il miraggio, dall’altro la concreta disperazione.

La «pozione magica» con le ossa dell’albino, può così apparire il viatico (il biglietto vincente) che porta a quel miraggio. Per molti, ma non per tutti, come dice la pubblicità.

Geraldina Colotti

(Il Manifesto,  8 Agosto 2008, pag. 7- Internazionale)