Guardasi allo specchio
Sono un fotoreporter israeliano.
Vivo a Barcellona.
Circa 8 mesi fa, ho visto un programma televisivo sugli albini in Tanzania. Non sapevo nulla su ciò che accadesse in Tanzania, agli albini Tanzaniani. Persecuzione, violenza, uccisioni e smembramento, esilio e discriminazione sociale. << Lavoro nel mondo delle comunicazioni, ma non ne ho mai sentito parlare? Possibile? Mi sarà sfuggito! Ma dove ho la testa? Devo fare qualcosa! Non so cosa, ma devo fare qualcosa! Non basta parlarne di tanto in tanto, suscitando passeggere sensazioni pietistiche, senza passare ai fatti! >>. Come primo passo, non avendo grandi possibilità economiche, sono andato alla ricerca di finanziatori. Ho bussato a molte porte: nulla di fatto! Allora, mi son detto: << ora comincio io! mi spoglio di qualcosa di superfluo delle mie abitudini status-simbol e vado in Tanzania, sul posto, con la mia macchina fotografica >>. Carico di occhiali da sole e creme solari son partito alla volta della Tanzania.Partivo, con l’incertezza che i contatti stabiliti via e-mail con persone del luogo si concretizzassero. Fortunatamente, erano lì, all’aeroporto, ad aspettarmi - ad aiutarmi a colmare un vuoto che mi portavo dentro ormai da mesi -. Alcuni membri dell’associazione TAS -Tanzania Albino Society - , in particolare il signor Josephat Torner, mi hanno aiutato negli spostamenti e nei contatti – molti bambini vivono in rifugi isolati, protetti dal governo Tanzaniano, lontani dai loro genitori, dalle loro famiglie -. Sono stato nello Shinyanga – in una scuola per ciechi dove vivono molti bimbi albini, a cui viene insegnato il braile, pur avendo la possibilità, con un paio di occhiali, di poter imparare a leggere e a scrivere -, all’Istituto di Madre Teresa di Tabora, a Mwanza.Da lontano, quasi “dietro le quinte”, vedevo i bimbi scegliere ed indossare gli occhiali da sole, guardarsi allo specchio, sorridere, quasi come un gioco, un gioco che fa bene ai loro occhi. Il mio vuoto è stato colmato, solo in piccola parte. Ero consapevole del fatto che ciò non bastava. Troppo poco durevole nel tempo. Sono stato lì un mese. Sulla pellicola della mia macchina fotografica, si è impressa la traccia di immagini mai impresse, testimoni di un’infanzia faticosa da vivere, testimoni di una speranza. Tornato dal viaggio, mi sono recato nel mio paese natio, Israele.A Tel Aviv, ho esposto la mia prima mostra fotografica “WHITE SHADOWS”.
" White shadows"
Albini in Tanzania
Foto di Liron Shimoni. Musica di Salif Keita
Ora mi preparo ad andare in giro per l’Europa, con le mie foto, un modo, il mio modo perché è il mio mestiere, per far conoscere la vita dell’ “Africa bianca”, fatta di “ombre, angeli, diavoli”, fatta di bimbi di razza nera, ma bianchi e ipovedenti perché privi di melanina –il pigmento che li colorirebbe di nero, li proteggerebbe dai raggi del sole africano e consentirebbe loro di vedere bene -.Una realtà di bimbi, che si tradurrà, domani, in una realtà di adulti, con un presente di solitudine sociale, senza futuro.
Liron Shimoni