La pagina bianca

"Ultimi racconti". Karen Blixen. Biblioteca Adelphi.


Karen Blixen è la più celebre scrittrice di racconti del ‘900. Ha scritto “La mia Africa” e “Il pranzo di Babette”, da cui sono stati tratti  films  di successo. La sua biografia è affascinante: tornata in Europa dopo avere perso tutto: il marito, l’amante, la salute, la ricchezza, si dedicò interamente alla scrittura  e, nei suoi racconti, visse una seconda vita. “La pagina bianca” è un racconto perfetto, citato a modello per gli aspiranti scrittori di tutto il mondo.Io lo propongo in primo luogo per la sua bellezza, in seconda istanza perchè presenta sotto una luce diversa e interessante la simbologia della bianchezza.
 


Accanto all’antica porta della città sedeva una vecchia color caffè e velata di nero, che si guadagnava da vivere raccontando storie.Diceva: << Volete una storia, mia buona signora, signor mio? Quante storie ho narrate, una più di mille, da quando per la prima volta lasciai che i giovanotti raccontassero a me le loro favole di una rosa rossa, due levigati boccioli di giglio, e quattro serici serpenti flessuosi dall’abbraccio mortale. Fu la madre di mia madre, la bellezza dagli occhi neri, l’amante dai molti amplessi, fu lei che alla fine – vizza come una mela d’inverno e rannicchiata sotto la clemenza del velo – si prese la briga di insegnarmi l’arte del narrare. A lei l’aveva insegnata la madre di sua madre, ed erano entrambe narratrici migliori di me. Ma questo, ormai, non ha più importanza, perché per la gente loro e io siamo diventate una persona sola, e io sono immensamente rispettata perché racconto storie da duecento anni >>.A questo punto, se è ben pagata e di buon umore, continua.<< Con mia nonna >> diceva  << ho fatto una scuola dura. “Sii fedele alla tua storia” mi ripeteva la vecchia strega. “Sii eternamente, inflessibilmente fedele alla tua storia”. “Perché nonna?” le domandavo. “E ti devo anche dire i motivi, sfrontata?” gridava lei. “E tu pretenderesti di fare la narratrice! Eppure devi diventarlo, e io ti dirò quei motivi! Ascolta, dunque: Dove il narratore è fedele, eternamente, inflessibilmente fedele alla sua storia, là alla parlerà il silenzio. Dove la storia è stata tradita, il silenzio non è che vuoto. Ma noi, i fedeli, subito dopo aver pronunciato l’ultima parola, udremo la voce del silenzio. Che una ragazzina mocciosa lo capisca o no”.<< Chi, allora, >> ella continua << racconta una storia ancora più bella delle nostre? Il silenzio. E dove si legge una storia più profonda di quelle scritte sulla pagina più squisitamente stampata del più prezioso di tutti i libri? Sulla pagina bianca. Quando una penna regale e coraggiosa, nel momento della sua più alta ispirazione, ha finito di scrivere la sua storia con l’inchiostro più raro…dove, in quel momento, si può leggere un racconto ancora più profondo, più soave, più allegro e più crudele di quello? Sulla pagina bianca >>.Per un po’ la vecchia strega non dice nulla, ma ridacchia tra sé e biascica con la bocca sdentata.<< Noi, >> dice infine << noi vecchie che raccontiamo storie, conosciamo la storia della pagina bianca. Ma siamo un po’ restie a raccontarla, perché tra i profani essa potrebbe danneggiare la nostra reputazione. Tuttavia, farò un’eccezione per voi, mia dolce e bella signora e mio signore dal cuore generoso. A voi la racconterò >>.Su tra le azzurre montagne del Portogallo c’è un vecchio convento di suore dell’ordine delle Carmelitane, che è un ordine illustre e severo. Nei tempi antichi il convento era ricco, le suore erano tutte dame della nobiltà, e vi avvenivano miracoli. Ma attraverso i secoli le dame altolocate persero interesse ai digiuni e alle preghiere, i grandi beni dotali affluirono sempre più scarsi nel tesoro del convento, e oggi le poche umili e poverissime suore vivono in un’ala soltanto del vasto edificio fatiscente, che par quasi voler diventare tutt’uno con le rocce grigie. Tuttavia esse formano ancora una congregazione gaia e attiva. Trovano grande diletto nelle loro sante meditazioni, e gioiose e solerti si dedicano a quel compito specialissimo che una volta, molto, molto tempo fa, valse al convento un raro e strano privilegio: coltivano il lino più pregiato e ne fanno il tessuto più fine del Portogallo.Manzi bianchi come il latte e dagli occhi mansueti arano il lungo campo sotto il convento, e mani verginali indurite dal lavoro e col terriccio sotto le unghie  spargono abilmente i semi. Al tempo in cui il campo di lino fiorisce, tutta la valle diventa color azzurro cielo, proprio il colore del grembiule che la vergine benedetta indossò per andare a prendere le uova nel pollaio di sant’Anna, un istante prima che l’Arcangelo Gabriele, con vigorosi colpi d’ala, scendesse sulla soglia della casa – mentre su su in alto una colomba, con le piume del collo gonfie e le ali frementi, stava ferma nel cielo come una piccola, limpida stella d’argento. Durante quel mese, per molte miglia tutt’intorno gli abitanti del villaggio alzano gli occhi verso il campo di lino e si domandano l’un l’altro: << Guarda, che il convento si sia sollevato su nel cielo? O che siano state le nostre buone sorelle a tirar giù il cielo sino a loro? >>.Più tardi, venuto il momento, il lino viene colto, scotolato e cardato, poi si fila la fibra sottile e la si tesse, e alla fine il tessuto viene steso sull’erba a candeggiare: lo si bagna più e più volte, finchè si potrebbe credere che intorno ai muri del convento sia caduta la neve. Tutto questo lavoro viene eseguito con accuratezza e devozione ed è accompagnato da aspersioni e litanie che sono il segreto del convento. E proprio per questo il lino, accumulato in grosse balle sulle groppe di asinelli grigi e spedito al di là del cancello del convento giù giù lungo il declivio che porta alle cittadine del piano, per questo quel lino è liscio, delicato e liliale come il mio piedino quando, a quattordici anni, lo avevo appena lavato nel ruscello per andare a un ballo nel villaggio.La diligenza, miei cari signori, è una bella cosa, e anche la religione è una bella cosa, ma il primo embrione di una storia verrà da un luogo mistico al di fuori della storia stessa. Così il lino del Convento Velho trae la sua vera virtù dal fatto che il suo primo seme lo portò qui un crociato dritto dalla Terra Santa. Chiunque sappia leggere può apprendere dalla Bibbia molte cose sulle terre di Lachis e di Maresa, dove si coltiva il lino. Io non so leggere, e non ho mai visto questo libro di cui si parla tanto. Ma la nonna di mia nonna, da piccola, era la beniamina di un vecchio rabbino ebreo, e tutti gli insegnamenti che egli le impartì sono stati serbati e tramandati nella nostra famiglia. Così voi leggerete, nel libro di Giosuè, che Axa, la figlia di Caleb, smontò dal suo asino e gridò al padre: << Dammi una benedizione! Poiché ora mi hai dato una terra, dammi anche la benedizione di fonti d’acqua! >>. E nei campi di Lachis e di Maresa vissero poi le famiglie di coloro che lavoravano il lino più bello.Il nostro crociato portoghese, i cui antenati un tempo erano stati famosi tessitori di lino di Tornar, cavalcando per quei campi fu colpito dalla qualità della pianta, e così appese un sacchetto di quei semi al pomo della sua sella.Da questa circostanza nacque il primo privilegio del convento, che era quello di fornire le lenzuola nuziali a tutte le giovani principesse della casa reale.Dovete sapere, miei cari signori, che nelle famiglie molto nobili e antiche del Porogallo si conservava scrupolosamente una venerabile consuetudine. La mattina dopo le nozze di una fanciulla, prima ancora che il marito le avesse dato il dono del mattino,  il Ciambellano o il Grande Cerimoniere stendeva fuori da un balcone il lenzuolo di quella notte e proclamava solennemente: Virginem eam tenemus : << dichiariamo che era vergine >>. E quel lenzuolo non veniva né lavato né adoperato mai più.In nessuna nobile famiglia questa veneranda consuetudine era così scrupolosamente rispettata come nella casa regnante stessa, dove era ancora seguita ai tempi dei nostri padri.Orbene, il convento tra le montagne, come premio per l’ottima qualità dei tessuti consegnati, ha da molte centinaia di anni il secondo, ambito privilegio: quello di riavere indietro quel ritaglio centrale del candidissimo lenzuolo che attesta l’onore di una sposa regale.Nel corpo principale del convento, che domina dall’alto un immenso panorama di colli e di vallate, c’è una lunga galleria col pavimento di marmo bianco e nero. Sulle pareti della galleria, l’una accanto all’altra, sono appese tutte in fila molte pesanti cornici dorate, ognuna adorna di una targa d’oro zecchino sormontata dalla corona, su cui è inciso il nome di una principessa: Donna Cristina, Donna Ines, Donna Jacinta Lenora, Donna Maria. E ognuna di queste cornici contiene un riquadro tagliato da un principesco lenzuolo nuziale.Nelle macchie sbiadite sui lini chiunque sia dotato di un po’ di immaginazione e di sensibilità può leggere tutti i segni dello zodiaco: la Bilancia, lo Scorpione, il Leone, i Gemelli. O può scorgervi raffigurazioni suggerite dal suo personale bagaglio di idee: una rosa, un cuore, una spada – o perfino un cuore trafitto da una spada.Nei lontani giorni del passato accadeva che un lungo, imponente corteo smagliante di colori si avventurasse su per l’erta sinuosa, attraverso il paesaggio grigio di rocce, diretto al convento. Principesse del Portogallo, divenute adesso regine o regine madri di altri paesi, Arciduchesse o Elettrici, accompagnate dal loro splendido seguito, si recavano là in un pellegrinaggio che per la sua stessa natura era insieme sacro e segretamente gaio. Dal campo di lino la strada sale ripida, per percorrere quell’ultimo tratto, la dama di sangue reale doveva scendere dalla carrozza e montare su un palanchino, donato al convento proprio a quello scopo.Più tardi, e ancora ai tempi nostri, è successo talvolta – proprio come, quando si brucia un foglio di carta, dopo che tutte le altre faville ne hanno divorato il bordo e si sono spente, può succedere che un’ultima, vivida piccola favilla risplenda e si affretti a seguirle – è successo talvolta che una nobile zitella molto avanti negli anni abbia intrapreso il viaggio sino al Convento Velho. In passato, molto, molto tempo fa, è stata compagna di giochi, amica e damigella d’onore di una giovane principessa del Portogallo. Lungo il percorso verso il convento, volge lo sguardo tutt’intorno per ammirare il panorama che si dispiega da ogni lato. Nell’edificio una suora la accompagna sino alla galleria e alla targa che reca il nome della principessa ch’ella ha un tempo servita, e là si congeda, consapevole del suo desiderio di rimanere sola.Una lunga fila di ricordi trascorre lenta, lenta in quel piccolo e venerabile capo che sotto la mantiglia di merletto nero somiglia a un teschio, e che li accoglie, al ravvisarli a uno a uno, con brevi cenni benevoli. L’amica e la confidente fedele rievoca la nobile vita che la giovane sposa ha trascorso col consorte regale prescelto. Ripassa nella propria mente gli eventi felici e le delusioni – incoronazioni e giubilei, intrighi di corte e guerre, la nascita degli eredi al trono, i matrimoni delle più giovani generazioni di principi e di principesse, l’ascesa o il declino delle dinastie. La vecchia dama ricorderà come, un tempo, dalle macchie sul tessuto si traessero auspici; ora potrà mettere a raffronto gli avvenimenti reali e quegli auspici, sospirando un poco e un poco sorridendo. Ognuno di quei lini, con la sua targa coronata, ha una storia da raccontare, e ognuno è stato esposto per fedeltà verso quella storia.Ma al centro della lunga fila c’è un lino che si differenzia dagli altri. La cornice è bella e pesante come tutte, e orgogliosamente come tutte si fregia della targa d’oro con la corona regale. Ma su quest’unica targa non è inciso alcun nome, e il lino nella cornice è niveo da un capo all’altro, una pagina bianca.Suvvia, brava gente, voi che volete sentir raccontare delle storie: guardate questa pagina, e vogliate riconoscere che la saggezza di mia nonna e di tutte le antiche narratrici! Perché infatti, con quale eterna, incrollabile fedeltà fu inserito nella fila quel lino! Persino le narratrici, davanti a esso, si tirano il velo sulla faccia e restano mute. Perché i reali genitori che tanto tempo fa ordinarono di incorniciare e di appendere quel lino, se non avessero avuto nel sangue la tradizione della fedeltà, l’avrebbero magari lasciato fuori.Proprio davanti a quel ritaglio di lino candido le anziane principesse del Portogallo – regine, mogli e madri devote, tolleranti ed esperte del mondo – e le loro nobili compagne di giochi di un tempo, damigelle d’onore e damigelle di corte, si sono soffermate più spesso.Proprio davanti alla pagina bianca le suore vecchie e giovani, con la Madre Badessa in persona, si immergono nella più profonda meditazione.

 
Per saperne di più:
Copertina libro: Karen Blixen